di Enrico Grazioli
Possono anche crepare di fame gli uni, restare ignoranti gli altri. La Mariastella Gelmini, ministra della scuola, si rifiuta di incontrare i precari della scuola. «Non incontrerò - dice - chi è venuto a protestare davanti a Palazzo Chigi. Protestano senza ancora sapere se sono stati esclusi. Non si tratta di persone che sono state licenziate. Presumono di non avere un posto di lavoro». La Flc Cgil, il Coordinamento precari della scuola, i Cobas e le Rappresentanze di base hanno avuto il ben servito. La ministra non distingue l’abissale differenza che passa tra sigle sindacali, movimenti di base dei lavoratori e forze politiche che hanno l’abitudine di reclamare più manette per tutti e nulla sanno di sociale e di lavoro. La ministra non ricorda che le lotte non si fanno da soli. Purtroppo siamo in tempi di Onagrocrazia, come diceva Benedetto Croce riferendosi al «potere degli asini raglianti».
Abbiamo ministri dell’Istruzione di mediocre cultura, gente che per raggiungere la laurea e l’abilitazione s’è rifugiata in università minori, dove le statistiche dicono che non viene bocciato nessuno, e non ha mai scritto un libro. Sono strozzati dai limiti imposti dai colleghi del Tesoro e dell’Economia. Non sono innovatori culturali, sono tagliateste. Investiamo nella scuola il 4,5 % del Pil, mentre la media Ocse è 5,7. Meno professori, più alunni per classe significano interrogazioni rare, multiple e rapide. Meno compiti in classe. Sbagliare nella valutazione di un ragazzo purtroppo è sempre stato facile, adesso è facilissimo. Si boccia meno, si rimanda meno. Leggero aumento della severità l’anno scorso, ma la tendenza non cambia.
Ognuno di noi vorrebbe fare un lavoro utile, che abbia un senso e che porti avanti il progresso. «Fai tu un lavoro che ti piace? - dice un proverbio cinese -, non chiedere alla vita gioia più grande». Vero. Eppure all'inizio di ogni anno scolastico si spera che la situazione cambi, ma succede mai. Passare la vita a insegnare è un lavoro nobile, utile, prezioso, il più nobile e più prezioso che si possa immaginare, ma non nelle condizioni in cui si svolge in Italia da sessant’anni in qua. Se protestano, la ministra non ne vuole sapere.
Abbiamo ministri dell’Istruzione di mediocre cultura, gente che per raggiungere la laurea e l’abilitazione s’è rifugiata in università minori, dove le statistiche dicono che non viene bocciato nessuno, e non ha mai scritto un libro. Sono strozzati dai limiti imposti dai colleghi del Tesoro e dell’Economia. Non sono innovatori culturali, sono tagliateste. Investiamo nella scuola il 4,5 % del Pil, mentre la media Ocse è 5,7. Meno professori, più alunni per classe significano interrogazioni rare, multiple e rapide. Meno compiti in classe. Sbagliare nella valutazione di un ragazzo purtroppo è sempre stato facile, adesso è facilissimo. Si boccia meno, si rimanda meno. Leggero aumento della severità l’anno scorso, ma la tendenza non cambia.
Ognuno di noi vorrebbe fare un lavoro utile, che abbia un senso e che porti avanti il progresso. «Fai tu un lavoro che ti piace? - dice un proverbio cinese -, non chiedere alla vita gioia più grande». Vero. Eppure all'inizio di ogni anno scolastico si spera che la situazione cambi, ma succede mai. Passare la vita a insegnare è un lavoro nobile, utile, prezioso, il più nobile e più prezioso che si possa immaginare, ma non nelle condizioni in cui si svolge in Italia da sessant’anni in qua. Se protestano, la ministra non ne vuole sapere.
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