50
anni fa, nella notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, Pino
Pinelli volava
dal quarto piano della Questura di Milano. Partigiano, macchinista
ferroviere, marito
della leggendaria Licia Rognini, padre
di due figlie, animatore
del circolo anarchico del
Ponte
della Ghisolfa e
delle
Marce antimilitariste nonviolente, completamente
innocente era
stato arrestato la
sera del 12 e
accusato di essere fra
i responsabili
dell'attentato stragista di Piazza Fontana: durante un violento
e
illegale interrogatorio, finiva
ammazzato schiantandosi
al
suolo. La verità nelle
aule giudiziarie
non è mai
emersa
completamente, ma
tutti sanno che è stato assassinato finendo per diventare la
diciottesima vittima di
quella
prima strage
di Stato.
Dopo
50
anni di bugie e censure, dopo
mezzo secolo di memoria eroicamente tramandata dai compagni che hanno
sempre saputo e affermato la verità, solo quest'anno nel corso delle
celebrazioni le autorità –
dal sindaco di Milano al Presidente della Repubblica
–
cominciano a riconoscerla pubblicamente.
"Anarchia non vuol dire bombe, ma giustizia, amor, libertà!"
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