Onorevoli colleghi, io non so se voi abbiate una impressione, che io ho vivissima: cioè che l'opinione pubblica non ha, in questo momento, molta simpatia e molta fiducia per i deputati. Vi è intorno a noi un'atmosfera, che tutti quanti avvertiamo, di sospetto e di discredito. Fondamentalmente al centro di questa atmosfera c'è la convinzione diffusa che molte volte l'esercizio del mandato parlamentare, il quale è conferito per il raggiungimento di scopi di pubblico interesse, possa servire a mascherare il soddisfacimento di interessi personali; e diventi un affare, una professione, un mestiere. Ora, nella massima parte dei casi questa impressione dell'opinione pubblica è sbagliata. Ma ci sono profonde ragioni che potrebbero spiegare perchè è sorta: ragioni che in parte risalgono lontano, ed in parte anche al ventennio trascorso. (...) Noi siamo gli innocenti parafulmini delle malefatte dei gerarchi del ventennio fascista. (...) E quindi può essere utile, facendo tesoro di questa esperienza, guardare, per quel poco che possono fare le leggi, là dove soprattutto vale il costume, come si possa chiudere alcuna di queste vie di infezione che minacciano l'organismo parlamentare. A questo scopo mira appunto il primo emendamento (...): «I componenti del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge, che può essere determinata in misura più alta per coloro che non abbiano altri redditi.
(Piero Calamandrei, presentazione all'Assemblea Costituente di un emendamento all'art. 66, 10 ottobre 1947)
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