INTERVISTA A MARGHERITA HACK[di Cristiana Pulcinelli, da L'Unità]
In questo momento mi dispiace non essere una giornalista perché vorrei partecipare in prima persona a questa battaglia». L’astrofisica Margherita Hack ha appena festeggiato il suo ottantottesimo compleanno a Mercatale Val di Pesa. Ma né l’età, né il clima da vigilia della festa tolgono vigore all’indignazione di Margherita per la legge bavaglio e per i modi in cui è stata approvata. Cosa ne pensa della legge sulle intercettazioni appena passata al Senato con il voto di fiducia? «E’una vera vergogna. Questa legge è un aiuto per i delinquenti e i mafiosi, perché è risaputo che molti crimini si scoprono proprio grazie alle intercettazioni. Ma, del resto, c’è poco da stupirsi se si guarda chi c’è al governo: i migliori sono ignoranti e deboli, i peggiori una banda di delinquenti». Abbiamo deciso di chiamare i giornalisti alla disobbedienza civile e di violare la legge. Pensa che sia giusto? «La disobbedienza civile è necessaria quando le leggi sono contro la democrazia e la libertà. C’è il dovere di opporsi a una legge sbagliata. Io spero che tutti i giornalisti disobbediscano, anche quelli di destra che però considerano il loro lavoro un servizio per il pubblico e il loro dovere dare le notizie». Se le chiedessimo di firmare un articolo sul nostro giornale la cui pubblicazione violi la legge, lo farebbe? «Certamente sì, anzi mi dispiace non essere giornalista perché non posso partecipare in prima persona a questa battaglia». Reporters sans frontieres ha offerto ai giornalisti italiani di pubblicare sul loro sito gli articoli che non potranno essere più pubblicati in Italia e altre testate straniere offrono ospitalità. Pensa sia una forma di lotta utile? «Sì, però gli italiani non leggono i giornali nella loro lingua, figuriamoci gli stranieri. E’ un’iniziativa che avrebbe un’eco molto ridotta». Cosa direbbe ai giovani per convincerli a fare opposizione? «I giovani devono essere persuasi che la libertà d’espressione è un diritto a cui non si deve rinunciare. Altrimenti ci si avvia verso una dittatura. Noi che ci siamo passati lo sappiamo: la libertà d’opinione si deve difendere anche a costo di violare la legge. Quando sotto il fascismo furono promulgate le leggi razziali, era doveroso opporsi e violarle. Ora, per fortuna, non siamo a quel punto, ma il principio alla base di questa legge è lo stesso che era alla base delle leggi razziali: violare la libertà. I giovani dovrebbero sentire il desiderio di battersi contro questo». Cos’altro si può fare per far sentire la propria voce? «Oltre a disobbedire? Andare tutti in piazza, o fare la rivoluzione… ».
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