venerdì 15 gennaio 2010

LIBERTA', PRINCIPIO NON NEGOZIABILE




di Enzo Marzo

[tratto dalla rivista Critica liberale, settembre – novembre 2009, volume
XVI, n.167-169, edizioni Dedalo]


 Or siamo giunti alla mèta. Che non è mai il punto più basso, di norma 
irraggiungibile, ma gli si avvicina molto. Come nostro dovere anche quest’anno
tra mille difficoltà presentiamo il “Quaderno laico” in cui, tra l’altro,
registriamo la solita crescita dei comportamenti secolarizzati degli italiani
nonostante la sempre più intollerabile cappa di conformismo filo clericale cui
vengono sottoposti da tutti i media. Quindi nulla di nuovo? Eh! No. Abbiamo la
sensazione che, pur sempre all’interno di una rigida continuità, qualcosa si
stia incrinando. O forse ciò è notato da un occhio giunto al limite della
sopportazione. Eppure mi sembra che mai come in quest’anno alcune constatazioni
di “Critica” abbiano subìto una verifica così lampante, persino eccessiva.

“Critica” in un momento che sembrava trionfante per la Chiesa cattolica (il
suicidio laico nel referendum sulla procreazione assistita) descrisse la
gerarchia romana “sull’orlo di una crisi di nervi”. Fummo considerarti
ottimisti. Negli ultimi mesi molta nebbia si è diradata. Tutto appare un po’
più manifesto. Soprattutto in ordine a due accadimenti: il primo consiste nella
guerriglia di potere all’interno della Chiesa che non sa come evitare una crisi
epocale (da tempo non leggevamo scritti di un papa contro i suoi vescovi o,
sull’“Osservatore romano”, cardinali spararsi a palle incatenate gli uni contro
gli altri) e il secondo nel connubio osceno, ormai visibile anche dai ciechi,
tra la gerarchia ecclesiastica e la nomenclatura politica, causa non ultima
della situazione tragica del nostro paese. Solo in certi periodi del fascismo
si arrivò a una complicità così sordida tra potere politico e Vaticano. Abbiamo
chiarissimo di fronte agli occhi uno spettacolo agghiacciante, che ha l’inedita
e stravagante caratteristica di non scandalizzare più nessuno. O gli scandali
durano un tempo irrisorio.

Ricordo che nel tredicesimo secolo un trovatore, tale Peire Cardenal, scrisse
un sermon che comincia «Una ciutatz fo, noi sai calls», «c’era una volta una
città, non so quale» (purtroppo noi sappiamo quale), in cui dopo un devastante
acquazzone (forse una mitragliata di editoriali di Minzolini) tutti gli
abitanti perdono il senno, tranne uno che si salva perché rimasto rinserrato in
casa (e col televisore chiuso). “Si salva” si fa per dire, perché da quel
momento è costretto a vivere in un perenne malessere dato che i suoi
concittadini, dediti alle azioni più irragionevoli, lo prendono per pazzo
“furioso”.Questa metafora calza, anche perché il povero Cardenal volle
lamentarsi in tal modo della distruzione della cultura occitana ad opera della
Chiesa cattolica. E già che ci siamo, non sfigura qui neppure un’altra
distopìa, ovvero un’utopia negativa, quella di Audigier, poema eroicomico di
poco precedente, ambientato in «un païs mou / ou le gens sont en merde jusques
au cou». Non vi aspettate che lo traduca, e meditate invece sulla nostra
attuale condizione nella fanghiglia dell’insopportabile 24 luglio
berlusconiano. Con, dentro, questi due sgradevoli “malesseri” e, sullo sfondo,
con un invadente paesaggio da “païs mou”, “paese molle”, ci tiriamo su pensando
di poter sottolineare alcuni dati di fatto poco contestabili.

Della complicità tra la destra berlusconiana e la gerarchia romana abbiamo
già accennato. Ma, pur consapevoli da qualche decennio della tenacia del
clericalismo strisciante che attraversa tutta la tradizione comunista e post-
comunista, notiamo con mestizia che il Pd sembra voler accelerare il suo
distacco – sicuramente anche elettorale – dal mondo laico e sottolineare la sua
subordinazione a un togliattismo di maniera. Bersani ha voluto contrapporre
agli argomenti della sentenza del Tribunale europeo dei diritti dell’uomo sul
crocifisso nella scuola pubblica un «buon senso» da strapaese emiliano,
argomento mediocre che allontana una buona parte della sinistra (?) dai valori
della civiltà europea più di quanto non abbia fatto negli anni ’50 il
prevedibile antieuropeismo degli stalinisti del Pci. Quindi passi indietro.
Come passi avanti nella sfacciataggine sono stati compiuti dalla gerarchia
nella “copertura” offerta (con qualche titubamento di facciata) nei casi che
hanno fatto più rumore (Boffo, le prestazioni dell’“utilizzatore finale”,
Marrazzo). La Chiesa corriva per interesse politico con il Padrone e con quella
che è stata definita con crudo termine “mignottocrazia” non ci ha sorpresi.
Eppure ci siamo scandalizzati. Beninteso, non dei comportamenti sessuali degli
individui, che possono vivere come vogliono, ci è del tutto indifferente,ma
dell’insopportabile quantità di ipocrisia che ha allagato il paese. Nel primo
caso (a parte alcuni aspetti specifici della vicenda giornalistica davvero
inqualificabile) la Chiesa di Roma ha esposto tutte le sue lacerazioni,
preoccupandosi ben poco della sostanza della questione che si aggira sempre
attorno a un punto non nuovo in Vaticano: possono l’ipocrisia e la fanatica
devozione alla “forma” e all’“immagine” esaurire qualsiasi questione? Noi qui
abbiamo una sezione intitolata “la malaetica” e un’altra “ipocrisia”. Come può
la Chiesa cattolica sentenziare, ogni pié sospinto, su qualsivoglia questione
etica, spacciandosi come legittima, anzi esclusiva, interprete di norme morali
e di leggi naturali di cui si disconosce la relatività e la storicità, e nello
stesso tempo far finta che il caso Boffo nella sua sostanza non apra alcuna
questione di coerenza? Ugualmente, è davvero irrilevante per la Chiesa che un
politico come Marrazzo avesse ostentato nella sua autobiografia scritta per il
sito della regione Lazio che «la famiglia è la sua vera grande passione… con
Roberta, la donna della sua vita, passa tutto il tempo libero. È cresciuto,
come molti ragazzi della sua generazione, frequentando l’oratorio e la
parrocchia di Santa Chiara»? Nell’oratorio aveva imparato ad essere un politico
così arrogante? Famiglia, oratorio, parrocchia. Non è l’ipocrisia la più
immonda delle immoralità? E, poi, per un pugno di voti in più… Ugualmente,
perché la Chiesa non sconfessa il marcio affaristico di dirigenti di Comunione
e liberazione che fanno collezioni di Ferrari e di intrighi con la criminalità
organizzata?

Sono troppi gli insegnamenti della Chiesa attuale che si distinguono per la
loro ferocia e per l’incuranza dei loro effetti sulla vita umana, per il
disconoscimento del valore della persona, della sua unicità e sovranità su se
stessa, per non iscriverla d’ufficio a quelle “centrali” che nel mondo moderno
sono percepite sempre più come “immorali” e comunque portatrici di valori
crudeli, anacronistici, istigatori dei peggiori e violenti comportamenti umani.
Istigatori di omofobia e complici dell’Aids. Sono troppe le pretese di
monopolio delle coscienze e di neo-potere temporale per poter convivere con la
modernità e i suoi valori fondanti.

La questione gira sempre attorno a una domanda semplicissima: una Chiesa che
si autoaccredita come fonte di Verità rivelata può accettare e far sua la
libertà religiosa? Gregorio XVI fu lapidario contro questo «errore
velenosissimo», Leone XIII argomentò rigorosamente contro la libertà di culto
(«promiscuam religionum libertatem»). In seguito, la debolezza politica del
Vaticano consigliò di mitigare affermazioni così barbare e indusse ad
assecondare lo spirito dei tempi influenzato dall’idea liberale. Ora papa
Ratzinger torna precipitosamente al medioevo, e non possiamo meravigliarci se
alcuni zelanti politici ci fanno precipitare nell’oscurantismo e nel razzismo
con il loro “White Christmas” dedicato alla caccia all’immigrato (il “white”
non è il colore della neve ma più presumibilmente quello delle divise del Ku
Klux Klan). È la fanghiglia che sale. Ugualmente non ci meravigliamo se il
sindaco pd commina multe a chi rispetta una sentenza europea fin troppo ovvia.
Nel paese di Audigier, se i media non informano, se i partiti sono corrivi, se
la Chiesa non si vergogna di ostentare il suo attaccamento a tutti i privilegi
che conserva alla faccia del principio della libertà religiosa, ci meravigliamo
se la Lega porta a passeggio dei maiali a orinare sul terreno destinato alle
moschee o se un sindaco di sinistra (?) trova infamia facendo il
fondamentalista?

Mentre monta il fango lo scontro ideale si fa durissimo. Ma la Chiesa ha già
perduto, se arriva a essere persino blasfema e pur di serbare il privilegio
monopolistico della parete scolastica butta a mare il significato “sacro” del
suo simbolo primario. Ne prendiamo atto. Noi europei siamo per lo stato neutro,
per una neutralità che non è indifferenza bensì assunzione di quel compito
altissimo che è la garanzia attiva sia dell’imparzialità di fronte a tutte le
convinzioni sia del rispetto delle coscienze, in primo luogo di quelle non
adulte. Gran parte degli opinion leaders italiani finché sa solo contrapporre
al riconoscimento del valore della libertà religiosa l’argomento meschino che,
loro, non si sentono offesi di fronte a un crocifisso, presta il fianco all’
obiezione che potrebbe essere loro rivolta da un bambino di sei anni: ma,
invece, vi sentireste offesi se al posto del crocifisso sulla parete ci fosse
la stella di David o la mezzaluna islamica? Oppure: se voi non vi offendete di
fronte alla disuguaglianza sulla parete, siete sicuri che proprio nessuno
potrebbe sentirsi discriminato? Li lasciamo a bocca aperta in attesa di trovare
una risposta non indecente o non uguale a quella del più becero leghista, nel
frattempo facciamo presente che, se non vogliamo fuoriuscire definitivamente
dalla famiglia europea, non possiamo scappare dall’affermazione attiva della
libertà religiosa.

Non soltanto i cattolici hanno i loro “principi non negoziabili”. Anche i
laici li hanno. E la libertà di tutte le concezioni ideali e di tutte le
confessioni religiose di fronte alla legge è uno di questi. Ci offende non il
crocifisso, perdipiù declassato a tradizione non religiosa, insomma due legni
in croce che in un ufficio pubblico sono sempre utili a ricordarci che sotto
quel simbolo si sono nascosti per decenni gli avversari più accaniti dell’
aspirazione a uno Stato unitario italiano, ma ci offende l’arroganza del
privilegio sfacciatamente ostentato come tale. Ci offende che in Italia siamo
così indietro che persino quando un tribunale europeo ci bacchetta sono in
pochi a mettere in discussione le prerogative clericali.

Siamo indietro, ma le prospettive – senza che ne accorgiamo – devono essere
rosee se gli argomenti avanzati dai clericali sono così inconsistenti. Gira da
un po’ un libretto che è abbastanza significativo della debolezza clericale e
dei suoi alleati. Ovviamente proviene da quella fucina indefessa di togliattini
reazionari che è stata l’“Unità”. Capisco che in quest’Italia se c’è un
problema grave non è certo Berlusconi, o la mafia o l’autodistruzione della
sinistra o la povertà o l’incubo del fondamentalismo: bisogna invece
preoccuparsi dei “laici furiosi” che incessantemente producono leggi blasfeme,
che perseguitano e torturano a fuoco lento i cattolici, impediscono loro di
invadere più di ventitré ore al giorno tutti i canali televisivi e che
addirittura hanno messo la mordacchia al papa che per esprimersi è costretto a
qualche samizdat fatto uscire fuori dal Vaticano clandestinamente. Contro la
schiacciante egemonia laicista bisognava trovare finalmente un intellettuale
che con sprezzo del pericolo (non si sa mai, i laici furiosi potrebbero anche
riattivare la ghigliottina così abbondantemente usata da san Pio IX) avesse il
coraggio spudorato di depositare i suoi pensierini su un’intera pagina del
“liberale” “Giornale” di Berlusconi, Feltri e Betulla (pseudonimo di Farina),
tre veri eroi della resistenza antilaicista. Il messaggio campeggia sulla
quarta di copertina: «la religione non è un nemico da annientare ecc.». Saremo
anche “laici furiosi” e «falliti», come sostiene l’autore, ma per trovare
assertori di tali guerresche volontà è preferibile cercare nel campo dei
monoteisti devoti. Ieri, oggi e domani. Per quel che conosco del mondo laico,
non esistono tali caricature. Il liberalismo secolare – come lo chiama Bosetti
– non sta «perdendo la scommessa contro Dio» semplicemente perché i liberali
sono dei gentiluomini che non giocano con chi non conoscono.

Se gli avversari del liberalismo sono questi, possiamo dormire tra due
guanciali. Quel che scrivono di buono è riciclaggio di ovvietà banali copiati
dai bignami americani, quel che scrivono per menare scandalo ed épater les
clercs fa sorridere. Non consola, ma l’ignoranza dei neofiti si dimostra sempre
nel linguaggio. Nella polemica dei neoclericali ancora si fa confusione. Allora
siamo costretti a ripetere come in prima elementare: il “sacro” non è sinonimo
di “chiesa”; l’anti-clericale si contrappone al clericale e non – come si vuole
spacciare sempre – al “credente” o al “cattolico”; la religione non può essere
identificata con la gerarchia di una Chiesa; la laicità non vuole «annientare»
neppure una mosca ma desidererebbe una qual certa separazione tra lo Stato e la
Chiesa; è ridicolo distinguere tra i laici buoni e i laicisti cattivi; che per
parlare di fede è consigliabile abbassare il tono della voce e non mischiarla
con l’esenzione dall’Ici. Ma che noia! Studiate questi concettini e poi passate
in seconda elementare dove scoprirete che il liberalismo è nato prima del
convertito Matteucci e dell’antidemocratico Hayek; che non è vero che il
semaforo rosso – come sostengono molti liberaloidi – offende il nostro spirito
liberale più di un presidente monopolista e corruttore di giudici e di
avvocati, ecc. ecc.; che è pericoloso addentrarsi nei rapporti stato-religione
negli Stati uniti senza quell’adeguata preparazione che ti avverta come sia
azzardato importarli in Europa. Dopo di ciò, potete passare in terza
elementare, dove potete trovarvi in compagnia persino del papa, che ci delizia
con encicliche di contenuto economico zeppe di principi buonisti alla Veltroni,
dimenticandosi che sull’uscio ha lo Ior con le sue truffe e i suoi scheletri
(veri) di papi e di banchieri (a proposito, negli uffici del cardinale Paul
Casimir Marcinkus e del vescovo De Bonis c’era il crocifisso?).

Purtroppo anche per trascuratezza di noi laici, nessuno più a va a “verificare
“ e chiedere conto delle parole. Così lo stesso papa mette insieme liberalismo
e libertinismo, forse confonde il libertinismo con il libertinaggio (un
libertino si mette al rogo, a un presidente del consiglio divorziato si dà la
Comunione), straparla di nichilismo esattamente come se fosse una Gelmini
qualsiasi o un liceale somaro, s’inventa la “sana laicità” quando basterebbe
riutilizzare la più appropriata parola “confessionalismo”. Sparge il termine
“relativismo”, così complesso e polisemico, come un prezzemolo buono per tutte
le minestre. Anche su “natura” e “naturale” si diffonde molto, non immaginando
che sono concetti difficili da maneggiare perché non obbediscono ai nostri
desideri e non stanno mai fermi.

Per finire, se fossimo “furiosi” come ci vogliono descrivere, vorremmo tanti
papi come Ratzinger che per non essere superato corre all’indietro, trovandosi
inevitabilmente in compagnia di gente strana come atei cattolici integralisti,
negazionisti e di teocon che esibiscono in Tv il loro cilicio come il più
fervente adoratore della pagana società dello spettacolo.

Noi assistiamo e aspettiamo il consumarsi di questa velleità d’instaurare un
Medioevo di cartapesta. E rimaniamo fermi a volere ciò che ora sembra tanto
impossibile quanto è ovvio e ragionevole: l’uguaglianza di trattamento, la
libertà di pensiero e di culto, la spoliazione dei privilegi e soprattutto la
fine della pretesa di voler imporre per legge a tutti i cittadini quei valori
(o disvalori) e quegli stili di vita che non si riescono a prescrivere nemmeno
a se stessi.

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