giovedì 13 novembre 2014

Comprate "il manifesto" in edicola almeno oggi! Venti (euro) di riscossa

Chi vive di un magro sti­pen­dio, con venti euro rie­sce a met­tere insieme il pranzo con la cena. Per chi invece non ha ristret­tezze eco­no­mi­che venti euro non fanno la differenza.
Lo scri­veva già Luigi Pin­tor quando nel 1997 il mani­fe­sto uscì a cin­quanta mila lire, che per molti «bastano a vivere una set­ti­mana», per altri «ad accen­dere il sigaro». Pro­ba­bil­mente per buona parte delle let­trici e dei let­tori che ci seguono, da una vita o da pochi anni, venti euro fanno, eccome, la differenza.
Ma adesso vi chie­diamo di pren­dere una deci­sione, di fare un salto con l’asta insieme a noi per riac­qui­stare la testata quando, a fine anno, i liqui­da­tori la met­te­ranno all’asta. Si tratta di sce­gliere se il mani­fe­sto deve vivere, se il gior­nale è un’agorà da difen­dere per­ché ci si rico­no­sce, per­ché inte­res­sante, per­ché sti­mola l’intelligenza indi­vi­duale e col­let­tiva, per­ché pro­duce cul­tura, per­ché è diverso dal resto dell’informazione. E per­ché — e per alcuni soprat­tutto — è un gior­nale utile per una sini­stra che ha biso­gno di ritro­vare la strada per unire le forze e dare battaglia.
Nel breve e nel lungo tempo. E non solo con­tro il governo, ma per un’altra idea di società, di mondo.
Se la rispo­sta è sì, allora è utile ricor­dare che il «mer­cato» (qual­cuno sarà mai per­se­guito per il «reato» di apo­lo­gia di mer­cato?) non solo non tirerà l’Italia e l’Europa fuori dai guai, ma non basterà (come sem­pre) a garan­tire la vita di un’impresa edi­to­riale come questa.
Per­ché il mani­fe­sto non solo non ha un edi­tore alle spalle, né un par­tito o un impren­di­tore: non ha nep­pure una base suf­fi­ciente di pub­bli­cità che, insieme alle ven­dite, è l’unica altra voce d’incasso di una coo­pe­ra­tiva come la nostra. L’editore siete voi, le let­trici e i let­tori più assi­dui insieme a quelli sal­tuari. Vostre le gambe che ogni giorno cam­mi­nano per rin­no­vare un impe­gno, offrendo a noi stessi e alla sini­stra un luogo pub­blico di con­fronto. Senza que­sta rete il mani­fe­sto non esi­ste­rebbe più da gran tempo.
Le dif­fi­coltà eco­no­mi­che che cono­scete sono rese più dif­fi­cili adesso per­ché mai in pas­sato ci siamo tro­vati di fronte a un pro­gres­sivo azze­ra­mento dei fondi dell’editoria. Senza le spalle coperte da qual­cuno, senza fondi pub­blici, con la pub­bli­cità in pic­chiata, un quo­ti­diano potrebbe vivere solo con un prezzo di coper­tina mag­gio­rato. Non da arri­vare fino ai venti euro che vi chie­diamo oggi, ma cer­ta­mente con un prezzo dop­pio o tri­plo rispetto all’attuale.
Poi si può anche soste­nere che i gior­nali è meglio chiu­derli (vedi Libe­ra­zione, l’Unità, Europa, Pada­nia, Pub­blico, il Rifor­mi­sta e decine di testate locali), che è bene lasciare in edi­cola solo quelli che hanno impren­di­tori e finan­zieri nei con­si­gli di ammi­ni­stra­zione, insieme ai blog dei milionari.
Natu­ral­mente noi pen­siamo che senza una libera stampa non c’è demo­cra­zia (né antica, né moderna). E abbiamo la pre­sun­zione di cre­dere che senza il mani­fe­sto una sini­stra uni­ta­ria di alter­na­tiva non avrebbe molte chance, così come i movi­menti di lotta non avreb­bero quella visi­bi­lità che un quo­ti­diano nazio­nale può offrire.
Que­sta è la situa­zione. Che, per for­tuna, non è con­tras­se­gnata solo da brutte noti­zie. Ce n’è anche una buona: il mani­fe­sto, nel mese di set­tem­bre, è l’unico quo­ti­diano ad aver aumen­tato le ven­dite. Un segnale di fidu­cia e di atten­zione nei nostri con­fronti, che cer­chiamo di ricam­biare ogni giorno, met­tendo testa e cuore nel lavoro che facciamo.
E che vale — ogni tanto — venti euro.
                               
Norma Rangeri, il manifesto, 12 novembre 2014

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