venerdì 16 luglio 2010

ORA DI SILENZIO




Da oltre un anno è ormai un appuntamento fisso per l’arcipelago antirazzista bresciana. E il 21 luglio la consueta “ora di silenzio” - che il Movimento nonviolento organizza in segno di protesta contro le recenti normative emanate dal Comune in materia di sicurezza – si sposta da Piazza Rovetta al Piazzale della Stazione, dove dalle 18 alle 19 si chiederò ai cittadini di fermarsi a riflettere insieme in silenzio sulla discrezionalità di queste norme.

Il riferimento – come spiegano gli organizzatori nella sede di via Milano 65 – è al “Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Brescia che restringe, in nome della sicurezza e del decoro, gli spazi di autonomia dei cittadini. Sebbene si dichiari che esso sia finalizzato ‘alla più ampia fruibilità dei beni comuni’, di fatto i soggetti deboli, migranti, poveri, emarginati, sono i primi a pagare in base a queste norme. Insomma, si finisce per emarginare gli emarginati, impoverire i poveri, far migrare i migranti”.

“Ancora una volta saremo in tanti insieme in silenzio – annunciano - per un momento di riflessione, per disporci all'ascolto e all’accoglienza, per ridare significato alle parole. E’ il nostro modo per dire sì all'uguaglianza di diritti per tutte le persone senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, ma anche per dire no “ alla criminalizzazione di chi fugge dalla guerra, dalla fame e dalla miseria, al pregiudizio di chi vede nello straniero solo un pericolo, allo sfruttamento della clandestinità”.

“L'iniziativa – spiegano – è tesa anche a rafforzare presso la cittadinanza la conoscenza del digiuno a sola acqua che ormai da un anno decine di bresciani stanno praticando a staffetta su questo scottante problema”.

Per esprimere “solidarietà a chi fugge dalla guerra, dalla fame e dalla miseria” i digiunatori si astengono dal cibo per un’intera giornata, scelta a turno da ciascun partecipante. Il digiuno è stato scelto come momento di condivisione con quanti sono stati costretti ad affrontare rischi e pericoli per uscire da una vita di soprusi, privazioni e fame.

Per informazioni e adesioni si può telefonare ai numeri 347.8640893 o 339.6243617 oppure inviare una e-mail all’indirizzo movimentononviolento.bs@alice.it.

giovedì 15 luglio 2010

SULLA LEGGE BAVAGLIO




[di aldo busi]

La legge-bavaglio comporta innanzitutto la morte economica dei giornali, anche di destra: a) finita l’illusione della libertà d’informazione, io acquirente di cartacei quotidiani mi sento libero di risparmiare ben 365 euro l’anno, poiché per le balle, le omissioni, le manipolazioni e i sofismi ho già i telegiornali, a poco prezzo o (apparentemente) gratis; b) i giornali di destra, senza più un nemico cui fare il verso, giacerebbero invenduti, per la semplice ragione che la vita nera en rose stucca anche il più inveterato fascistone, che presto afferrerebbe che solo i servi e i vili e i paurosi di mestiere, per dirla con l’Alfieri, scrivono molto d’amore per ingannare il popolo e quasi niente del resto per non infastidire e inimicarsi il Principe.

giovedì 8 luglio 2010

SULL'EVOLVERSI DEL P G T




Cittadini, Amministratori, Signor Sindaco,

Linea Indipendente, gruppo ecologista che in questi anni ha seguito attentamente l’iter procedurale del Piano di Governo del Territorio, intende sviluppare alcune considerazioni sullo stato delle cose così come oggi le conosciamo, ribadendo la necessità per i calcinatesi di difendere e valorizzare i beni comuni, tutelare e arredare il verde pubblico, contenere l’espansione degli insediamenti abitativi e produttivi entro termini ragionevoli, peraltro correlati alla grave crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando.

Preliminarmente ci vediamo costretti a rinnovare le nostre critiche alla gestione della stesura del Piano. La legge parla espressamente di coinvolgimento e partecipazione delle forze organizzate presenti e della cittadinanza. Prima di questo fu fatto un unico incontro, pochissimo pubblicizzato, in un cinema semivuoto e una lunghissima carrellata di interventi tecnici di ordine generale.

Ad anni di distanza, l’esito che abbiamo davanti è la produzione di documenti parziali, le cui interpretazione e analisi sono estremamente difficoltose.

A tutt’oggi non ci è possibile valutare il processo di costruzione e avanzamento del Piano, non abbiamo nessuno strumento per esaminare il lavoro che sappiamo essere stato svolto intensamente per tutto questo tempo dalle forze politiche che compongono la maggioranza, poiché non ci sono mai stati consegnati i documenti preliminari necessari per lo sviluppo delle esigue parti del Piano sinora rese pubbliche.

Il dubbio che avanziamo è che - nel sicuro delle stanze del municipio - il Piano sia ormai confezionato. Ci chiediamo perché non sia possibile, almeno per tutti i consiglieri comunali, valutarlo corredato di tutti i documenti redatti.

E’ bene ricordare che l’iter di allestimento del Pgt sostanzialmente si compone di quattro fasi concatenate e successive: l’analisi della situazione esistente, la preparazione dei diagrammi (o matrici), la definizione delle scelte strategiche e, infine, la stesura della relazione e l’esecuzione dei disegni.

Noi abbiamo la bozza della relazione e dei disegni, senza conoscere però le strategie definite dalla amministrazione comunale, né la relazione preliminare, né tutta la parte politico-decisionale propedeutica alla stesura del Piano. Le relazioni e i disegni servono solo a dare una forma, è il resto che è sostanziale.

Dall’amministrazione la legge 12/2005 che norma la redazione del Piano di governo del territorio (Pgt) è stata interpretata nella maniera più banale e semplicistica. Il Pgt deriva da una idea della pianificazione completamente diversa dalla vecchia legge del 1975 che normava la redazione del Piano regolatore generale (Prg). Il Pgt ora è uno strumento strategico e di governo della trasformazione territoriale, che introduce nuove tecniche di amministrazione sia dell’utilizzo del suolo che dello sviluppo socioeconomico, introducendo per esempio nuovi principi come quelli della perequazione (possibilità di scambio di potenzialità edificatoria), della concertazione (compartecipazione pubblico-privata nella definizione della struttura del Pgt), della sussidiarietà (relazione con la pianificazione di ordine gerarchico superiore e orizzontale) e di tutela ambientale (con l’introduzione finalmente di un sistema di valutazione dello stato dell’ambiente precedente al Pgt, una previsione a termine verificata secondo determinati parametri e una serie di passaggi di monitoraggio intermedio). Nessuno di questi aspetti è stato trattato né sviluppato né pubblicamente né nei documenti di sviluppo del Pgt di Calcinato.

Per quanto concerne il Piano dei Servizi, la scommessa era riuscire a dare finalmente risposte alla richiesta e necessità di strutture pubbliche, sempre più urgenti a Calcinato alla luce della accelerazione dello sviluppo edilizio e demografico del territorio. Lo sforzo dell’amministrazione comunale doveva essere incentrato sull’adeguamento degli standard di servizio (pensiamo a strutture quali la scuola primaria, la scuola dell’infanzia, il distretto sociosanitario, ma anche a uno spazio dedicato al mercato settimanale, al parco intercomunale sul fiume Chiese, alla fascia di mitigazione dell’autostrada A4, a un centro culturale degno di questo nome, a strategie di rilancio dello scalo ferroviario di Ponte San Marco). Ci chiediamo se e dove si trovi traccia di tutto ciò. Com’è possibile valutare il Pgt senza conoscere il pensiero dell’amministrazione su queste tematiche?

Non sappiamo poi come si porrà l’amministrazione comunale nei confronti dell’edilizia residenziale pubblica. Scaduto da tempo il piano Aler, giudichiamo necessario capire se si intende destinare una quota della volumetria prevista per costruire case a prezzi agevolati e, in seconda battuta, per evitare la concentrazione di insediamenti di questo tipo ai margini dell’abitato (addossando al pubblico i costi dell’infrastutturazione delle aree) e il conseguente rischio della creazione di quartieri ghetto, spalmando invece ordinatamente sul territorio interventi di basso costo per costruire un puzzle urbanistico omogeneo.

Sconcerta poi la grave superficialità con la quale viene trattata la politica di previsione dello sviluppo del territorio. Ad esempio, anche ad una semplice lettura dell’esiguo materiale rilasciato alle minoranze risulta evidente la grossolana stesura della documentazione, la quale spesso non non ne assume i principi di legge come base di elaborazione e addirittura contiene “perle”, come quando parla della necessità della salvaguardia (a Calcinato!) di inesistenti boschi di latifoglie o delle limonaie del Parco Alto Garda, oppure della necessità di tutelare beni tipici della zona della bassa occidentale, decontestualizzando completamente la corretta posizione geografica del nostro comune. Gli estensori evidentemente pensano a una Calcinato che non esiste se non nella loro testa e fanno un cattivo utilizzo del “copia-e-incolla” per far fronte all’urgenza dei tempi e al ritardo accumulato nella politica urbanistica della amministrazione comunale, troppo impegnata a dare pedissequa applicazione al Prg vigente che pure a parole diceva di voler contrastare.

Sembra emergerne un’inconsapevolezza generale della strategica importanza del processo in corso per il nostro territorio.

Chi governa il Comune crede forse di poter mettere in secondo piano quello che pensano i cittadini, prevedendo trasformazioni che cambieranno il territorio per sempre, vincolando ad esso le future scelte.

Facciamo appello a quanti hanno a cuore la bellezza, la cura, la conservazione e l’ordinato sviluppo di Calcinato affinché si lavori per:

1. la ridefinizione generale della struttura della campagna di Calcinatello (riordino del sistema idrico, costruzione di un Consorzio Agrario Locale, riassetto proprietario),

2. la promozione e sviluppo di un progetto intercomunale per la creazione di un Parco sul fiume Chiese,

3. l’incremento ragionato degli indici fondiari sulle zone residenziali, per limitare il consumo del suolo con nuovi insediamenti e ottimizzare l’utilizzo delle porzioni già utilizzate,

4. lo studio di un sistema incentivante per lo sviluppo di cooperative di costruzione promosse da cittadini,

5. la garanzia, per le piccole imprese artigiane che lo desiderino, di rimanere localizzate nel tessuto urbano residenziale,

6. la creazione, di concerto con i comuni della tratta ferroviaria Brescia-Verona, di una società per il ripristino della traffico pendolare su rotaia,

7. la predisposizione nel triennio di un piano per il consumo zero del territorio,

8. l’assunzione in carico al Comune dei compiti di controllo, gestione, riduzione e commercializzazione dei rifiuti prodotti a Calcinato.

Una Calcinato migliore è possibile!

Linea Indipendente, luglio 2010

I firmatari:

Gianni Alessi, Mauro Badini, Sergio Baratti, Fosco Beschi, Roberta Boldini, Antonella Farina, Tiziano Filippini, Nicole Leali, Libero Lorenzoni, Maria Giulia Mameli, Flavio Marcolini, Sabrina Marella, Teresa Paroli, Annarosa Quinzani, Mario Rodella, Stefano Rodella, Guglielmo W. Spassini, Tiziana Spreafico, Flavio Vida, Dario Zanotti.

mercoledì 7 luglio 2010

PER I MORTI DI REGGIO EMILIA




Fausto Amodei
7 luglio 1960 - 7 luglio 2010

Compagno cittadino fratello partigiano
teniamoci per mano in questi giorni tristi
Di nuovo a Reggio Emilia di nuovo là in Sicilia
son morti dei compagni per mano dei fascisti

Di nuovo come un tempo sopra l'Italia intera
Fischia il vento infuria la bufera
A diciannove anni è morto Ovidio Franchi
per quelli che son stanchi o sono ancora incerti
Lauro Farioli è morto per riparare al torto
di chi si è già scordato di Duccio Galimberti

Son morti sui vent'anni per il nostro domani
Son morti come vecchi partigiani

Marino Serri è morto è morto Afro Tondelli
ma gli occhi dei fratelli si son tenuti asciutti
Compagni sia ben chiaro che questo sangue amaro
versato a Reggio Emilia è sangue di noi tutti

Sangue del nostro sangue nervi dei nostri nervi
Come fu quello dei Fratelli Cervi

Il solo vero amico che abbiamo al fianco adesso
è sempre quello stesso che fu con noi in montagna
Ed il nemico attuale è sempre ancora eguale
a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna

Uguale la canzone che abbiamo da cantare
Scarpe rotte eppur bisogna andare

Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli
e voi Marino Serri, Reverberi e Farioli
Dovremo tutti quanti aver d'ora in avanti
voialtri al nostro fianco per non sentirci soli

Morti di Reggio Emilia uscite dalla fossa
fuori a cantar con noi Bandiera Rossa!

lunedì 5 luglio 2010

ALDO BUSI RECENSISCE 'BROTHERHOOD'



Bisogna assolutamente promuovere il film più bello in circolazione, "Brotherhood" (2009) di Nicolo Donato, origini italiane e cultura danese, gli impressionanti interpreti principali si chiamano Thure Lindhardt e David Dencik, distribuito in Italia dal coraggiosissimo Occhipinti (un nome con una garanzia di segno opposto: molto impegno e pochissimo mascara). Dobbiamo fare in modo che almeno i nostri occasionali lettori vadano a vederlo prima che la grande distribuzione se lo inghiotta togliendolo dal cartellone. E' un'opera magnificamente brutale e brutalmente magnifica sul machismo del branco (con relative sguince tam-burine) e la subcultura ispirata da Dio Patria Famiglia nelle giovani menti, non sempre già tossicodipendenti, gestite da fanatici vecchi nostalgici del mito della Natura Naturale. Potente affresco, drenato da ogni visionarietà, sulle sette neonaziste proliferanti da decenni in ogni paese europeo e no, dà fiato al compresso grido di dolore e rabbia autolesionista sulla difficoltà per un uomo di accettare i suoi sentimenti e la sua voglia per un altro uomo, infine sulla rivelazione che il tuo vero e più impensato nemico sociale è sempre l'amore che provi, anche quando sia condiviso, e da segreto e da manifesto. Pestaggi di omosessuali e omofobia come antidoto alla propria repressa omosessualità, raid contro extracomunitari, adunate all'insegna della svastica e della birra, mellifluo proselitismo e plagio violento e razzismo e sessuofobia, questa "Fratellanza" illustra tutto l'armamentario che concorre all'invenzione del nemico ovvero del capro espiatorio. Le sequenze, le più raccapriccianti comprese, sono dispiegate con una forza icastica non comune, mai un cliché ideologico di parte, un sentimentalismo "gay" (neppure nel finale molto Giulietta e Romeo, finalmente), attori tutti straordinari in un paesaggio che sembra senza profondità tanto aderisce psichicamente alle facce e agli ambienti, e un ritmo che non lascia tregua un istante per ben novanta minuti di proiezione.
Uscito recentemente dopo cinquanta minuti da "Avatar" e a suo tempo dopo venti di "Gomorra", era dai tempi di "Tutta la vita davanti" di Virzì e di "Il divo" di Sorrentino che non vedevo un film fino ai titoli di coda. Il mio Oscar personale per il miglior film straniero lo do a "Brotherhood" (dopo averne dato solo un altro nel 2003, a "Magdalene", di Peter Mullan). Lo consiglio in modo particolare alle donne che non sanno distinguere tra un uomo e la sua pantomima viriloide, ai dissociati genitori associati in organismi cattolici ai limiti della fantascienza e alle congreghe che lottano contro i pedofili a patto che non siano preti o famigliari e per le quali il pedofilo sarei io, ai fan rasati di una qualche milizia di Cristo e a quei loro emuli di poveri diavoli che di giorno predicano i valori del focolare e di notte vanno a tirare coca facendolo tirare più ai trans che a se stessi, nonché agli allevatori di bestiame nostrani perché imparino che la stalla non esime dall'essere intellettuali fino in fondo e quindi dall'iniziare la giornata con una piccola ma suntuosa colazione con quotidiano e fiori freschi (di conseguenza la visione dovrebbe essere imposta a tutti i fighetti di papà e mammà che, magari con l'hobby leghista del disprezzo per gli extracomunutari che sgobbano al posto loro, ancora pensano che una laurea, magari in Psicologia o in Scienze della Comunicazione o in Giurisprudenza, non comporti lo sporcarsi le mani con un lavoro manuale per guadagnarsi la vita e uscire dalle palle, anche delle statistiche sulla drammatica disoccupazione giovanile).
Aldo Busi