venerdì 27 febbraio 2009

MIGRANTI

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Il rapporto 2008 del Viminale sull'immigrazione in alcuni punti di cruciale rilevanza smentisce in parte le argomentazioni che dominano il dibattito politico. L'onnipresente «percezione dell'insicurezza» si configura come un sentire comune diffuso a tal punto nella popolazione italiana da raddoppiare l'incidenza nell'arco di un solo anno. Dal 5,9% dei cittadini che «guardano con diffidenza agli immigrati», riporta il Ministero dell'Interno, siamo balzati all'11,3%. Dati percentuali che confermano la consistenza della fobia securitaria cui si aggrappa la ricerca di consensi in prossimità delle elezioni, ma che si traduce soprattutto in provvedimenti politici e pratiche di potere, invenzioni di «modelli» di gestione del «traffico umano» (il «modello Milano» così come quello di Bologna, Firenze, Verona e dei sindaci che si vorrebbero vigili urbani dell'intera città). Il dato che rimane costante riguarda però la presenza reale di immigrati sul territorio, un misero 5% che ci assegna all'ultimo posto tra i più importanti paesi europei. La Svizzera, per esempio, registra una percentuale del 20,2. L'Austria e la Germania si avvicinano al 10%. Dietro l'Italia si trova solo la Spagna, con il suo 4,6%.Non si tratta però di un presenza distribuita in modo omogeneo sulla nostra penisola: nel nord del paese gli immigrati rappresentano il 6,8% dei residenti, nel sud invece non oltre l'1,6%. Stiamo parlando di una popolazione giovane, la cui età media supera di poco i 30 anni, a fronte dei 42,3 anni della media degli italiani. I dati sulla natalità sono noti da tempo, ma anche questo rapporto ci informa che il 10% dei nuovi nati è figlio di genitori stranieri, un dato che si colloca all'interno di un raddoppio della natalità tra gli immigrati nel corso degli ultimi dieci anni. Ma torniamo all'insicurezza. Gli italiani rimangono un popolo accogliente (al 42%), o meglio un popolo «che prova sentimenti di apertura e disponibilità» nei confronti degli stranieri. Non si dice però che questa rilevazione comporta almeno un 68% di italiani ostile nei confronti della popolazione migrante. E il sentimento generale ben si esprime, infatti, in relazione all'aspetto più arroventato dell'incontro con l'altro: la fede. Un italiano su tre è contrario alla costruzione di moschee sul territorio nazionale benché la nostra Costituzione garantisca e tuteli il diritto alla libertà religiosa. Ma la distanza dei cittadini italiani dalla Carta del '48 è grande ormai quanto quella che accomuna un'intera classe politica, trasversalmente concorde sulla necessità della sua archiviazione. Il passaggio più interessante di questo rapporto riguarda la rilevanza della fede religiosa nella percezione dell'insicurezza. Sia gli italiani che gli stranieri intervistati percepiscono la religione dell'altro come la principale fonte di incompatibilità. Il 55% degli italiani ritiene che l'immigrazione che proviene da paesi islamici sia il problema più grave in assoluto, dovuto all'insofferenza che gli «islamici» manifestano nei confronti della religione cattolica, oltre a quello che viene definito «atteggiamento critico verso la cultura e le tradizioni italiane». La paura del terrorismo e delle infiltrazioni di cellule operative pronte a colpire è condivisa solo dal 17% degli italiani: un altro dato che dovrebbe far riflettere su come influiscano i processi di costruzione dell'«insicurezza percepita».Ma il colpo di scena arriva quando prendono la parola gli stranieri interpellati. Da parte degli immigrati islamici, che sembrano subire al pari degli italiani gli effetti della mistificazione della realtà che la nostra società produce, il disagio più impellente che incontrano nel nostro paese risiede nella difficoltà di «rispettare le proprie pratiche religiose». Non si fa cenno, per dire, alla fatica del lavoro, al salario troppo basso, alla precarietà dell'impiego. Il 77% degli stranieri si ritiene soddisfatto della propria vita in Italia, e ben il 70% si dice soddisfatto del proprio lavoro. Invece la paura che spopola è quella di «perdere i valori della propria cultura», di non trovare cibi rispettosi delle «tradizioni dei paesi d'origine», e infine il fatto che in Italia ci sia «troppa libertà». Una denuncia di lassismo che non può non suonare speculare a quella tuonata dalle destre nostrane e assecondata da buona parte dei «moderati» che governano alcune città-modello del nord. L'insicurezza percepita è reciproca e poggia sulle stesse fondamenta di fede. Con un termine singolare ma appropriatamente sinistro, l'indagine segnala gli effetti di una spinta fortemente identitaria sul nostro territorio: la crescente formazione di «enclavi etniche», comunità di stranieri che vivono separate dagli italiani. È una tendenza alla «segregazione residenziale» basata sul gruppo etnico di appartenenza. Evidentemente, possiamo ormai concludere, risultato di una duplice pulsione identitaria, degli italiani e degli stranieri migranti, basata sui presupposti di fede e sull'«invenzione della tradizione» da difendere (Hobsbawm-Ranger, L'invenzione della tradizione, Einaudi 2002). Perduta qualsiasi speranza di cambiamento e di miglioramento dell'esistente, gli italiani della «fortezza Europa» e i suoi assedianti sembrano rifugiarsi nella fede e nell'identità escludenti.
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Tempi duri per gli immigrati extracomunitari a Calcinato, dove è in vigore da oltre un anno una ordinanza chilometrica contenente dettagliatissimi “indirizzi per l’applicazione della normativa generale vigente in materia di iscrizione anagrafica nel registro della popolazione residente con disposizioni volte a tutelare le condizioni igienico sanitarie e la pubblica sicurezza”.
Dopo una lunga serie di premesse di carattere normativo, rilevato il “perdurante notevole aumento delle iscrizioni anagrafiche e delle comunicazioni di ospitalità, per impedirne una incontrollata espansione a tutela della salute, della sicurezza e dell’ordine pubblico”, il sindaco ordina che sul territorio comunale agli extracomunitari che richiedano l’iscrizione anagrafica, oltre ai documenti di rito, d’ora in poi venga richiesta la “attestazione di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria”, fissato per il 2007 in € 5.061,68 per nuclei sino a due membri, € 10.123,36 per nuclei dai tre ai quattro membri, € 15.185,04 per nuclei dai cinque membri in su.
Inoltre, mentre i cittadini dell’Unione Europea devono limitarsi a produrre, “nella ipotesi di soggiorno per motivi di lavoro, la documentazione attestante l’attività lavorativa subordinata o autonoma esercitata”, i cittadini della Romania e della Bulgaria dovranno esibire anche “il nulla osta rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione nei settori diversi da quello agricolo, turistico alberghiero, lavoro domestico e di assistenza alla persona, edilizio, metalmeccanico, dirigenziale e altamente qualificato, lavoro stagionale”.
Il primo cittadino infine “stabilisce che qualora, nel corso dell’istruttoria della richiesta di iscrizione anagrafica, gli addetti agli uffici competenti vengano a conoscenza di notizie e di comportamenti penalmente rilevanti relative ai richiedenti l’iscrizione, gli stessi hanno l’obbligo di darne preventiva immediata comunicazione al Comando della locale stazione dei Carabinieri”.

giovedì 26 febbraio 2009

ESCE L'EXILIO CULTURAL; JULIAN PACHECO CENSURATO A CALCINATO


Da tempo era in programmazione e studio una grande personale del pittore spagnolo Julian Pacheco, che visse a Calcinato tra gli anni sessanta e settanta, in esilio dalla dittatura franchista spagnola. l'Università di Valencia in collaborazione con l'Università cattolica di Brescia avevano intrapreso un percorso comune per dae organicità ad una serie di studi parziali sul contributo artistico ed intellettuale di questo pittore. La mostra si è fatta, ma il nostro paese (dove è conservata la maggior parte del corpus artistico dell'autore) ne è rimasto completamente a margine, per scela della nostra Amministrazione e dell'Assessore alla Cultura. Addirittura la pubblicazione scientifica che ha accompagnato l'esposizione ed il suo iter non ha trovato contibuti calcinatesi. Julian Pacheco: l'esilio culturale, il volume di 94 pagine edito in Italia da Picchi ed Associati, praticamente sconosciuto alla cittadinanza, traduzione del catalogo in spagnolo curato dall'Università Valenciana, ha visto la luce grazie al solo interessamento ed alla sensibilità di Pierangelo Crottogini (che fu sindaco di Calcinato dal 1995 al 2004) e propone, fra l’altro, un inedito del poeta Canzio Bogarelli e saggi di Vincent Sanz i Persiva, Maria de la Soledad Candito Aunion, Josep Lluis Barona Vilar, Josep Martinez Bisbal e Luisito Pellisari, che si soffermano con accenti diversi sull’itinerario umano, artistico e politico del pittore nato a Cuenca nel 1937.

Anche i contatti intrapresi per il gemellaggio con Cuenca (sito riconosciuto e protetto dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità, per la qualità del suo tessuto storico), sono stati deliberatamente interrotti.

Pacheco fuoriuscì dalla Spagna franchista nel 1963 in seguito alle pesanti persecuzioni per la sua militanza comunista Visse per un periodo a Parigi, dove collaborò con il collettivo artistico Nuova Figurazione (Aillaud, Arroyo, Del Pezzo, Recalcati, Pozzati) . In seguito giunse in Italia e si stabilì con la moglie Anna De Santi a Calcinato dal 1967 al 1976. Nel 1969 gran parte delle sue opere fu acquistata dalle Nahan Galleries di New Orleans e da allora in poi il 50% della sua produzione fu destinato al mercato statunitense. Nel 1972, insieme ad artisti del calibro di Comencini, Antoni Mirò, Floriano De Santi e Rinaldi, fondò il Gruppo Denunzia. Numerose e affollate in quegli anni le sue personali, allestite un po’ in tutte le più importanti città italiane

L'arte di Pacheco si contraddistingue per i suoi muri, quadri che si configurano come pittorici intonaci di case o di recinzioni suburbane, gremiti di scritte dalla calligrafia infantile che dichiarano apertamente la sua protesta contro la dittatura. Arte come contestazione del potere, quindi, non solo politico, ma anche militare ed economico. "De plomo tienen las calaveras" ("Hanno i teschi di piombo") diceva - citando Garcia Lorca - degli uomini del regime che per decenni avevano imprigionato la libertà nel paese iberico. E come teschi di piombo, ricoperti di pennacchi, medaglie e divise, li dipingeva nei quadri. Lungi dall'essere cupi o rabbiosi, i suoi modi figurali assumevano i tratti di una pungente ironia, espressa con le tonalità suggerite dall'iconografia ottica ripresa dalla pubblicità. Proprio questa singolare immediatezza comunicativa costituisce l'elemento chiave della loro fortuna, sia di critica che di pubblico.
L’artista tornò poi in Spagna dopo la morte di Franco, continuando con successo la propria attività pittorica ed esponendo in mostre e musei. Risposatosi con Celia Pardo, di tanto in tanto ritornava nella nostra provincia. Morì il 22 marzo 2000 nella sua Cuenca, a 63 anni, per un male incurabile.

Numerosissime sono le testimonianze in paese del maestro spagnolo (così come in diverse gallerie della città), ma L'Esilio Culturale iniziato in Spagna nel 1963 a causa della sua militanza comunista, pare non essersi ancora concluso. Il compagno Pacheco, o meglio, la sua opera, incontra nella città dove aveva trovato ospitalità l'intolleranza ideologica di una destra ignorante e supponente.

mercoledì 25 febbraio 2009

PER UNA LISTA UNICA DELLA SINISTRA




Pubblichiamo, mutuandolo dal quotidiano Il Manifesto, l'appello per la costituzione di una lista unica della sinistra in occasione delle prossime elezioni europee.


La democrazia italiana è in pericolo. La legge sulla sicurezza voluta dalla maggioranza ha privato dei diritti fondamentali più elementari – alla salute, all’alloggio, ai ricongiungimenti familiari, alle rimesse alle famiglie dei loro guadagni – centinaia di migliaia di stranieri che vivono e lavorano in Italia. Sta per essere varato un federalismo che dividerà l’Italia tra regioni ricche e regioni povere, rompendo, di fatto, il patto costituzionale dell’uguaglianza sul quale si è retta fino ad oggi l’unità della Repubblica. Nel pieno di una crisi economica, la cui gravità non ha precedenti, il governo ha perseguito la rottura dell’unità sindacale e l’emarginazione del sindacato più rappresentativo. Strumentalizzando l’emozione per il dramma di Eluana Englaro, il Presidente del Consiglio ha aperto uno scontro istituzionale con la magistratura e con il Presidente della Repubblica; ha provocato una spaccatura del paese sui temi della laicità dello Stato, della dignità della persona e della sua autodeterminazione; ha tentato di rompere gli equilibri istituzionali, minacciando di rivolgersi direttamente al popolo per cambiare la Costituzione qualora non sia riconosciuto il suo potere illimitato e incontrollato quale incarnazione della volontà popolare. Paura, razzismo, odio per i diversi, disprezzo per i deboli, infine, sono i veleni quotidianamente iniettati nella società dalle politiche e dalla propaganda del governo quali fonti inesauribili di consenso.Una simile emergenza costituzionale rende insensate le attuali divisioni della sinistra, le quali rischiano, in presenza dell’attuale sbarramento del 4% alle prossime elezioni, di provocarne la definitiva irrilevanza. C’è d’altro canto uno specifico fattore di crisi della democrazia che, congiuntamente alle vocazioni populiste dell’attuale maggioranza, sta determinando il collasso della democrazia rappresentativa: la crescente occupazione delle istituzioni pubbliche da parte dei partiti e la sostanziale confusione dei secondi con le prime. Ne è conseguita la trasformazione dei partiti, da luoghi di aggregazione sociale e di elaborazione dal basso di programmi e di scelte politiche, in costose oligarchie costantemente esposte alla corruzione e al malaffare. Solo l’introduzione, purtroppo inverosimile, di una rigida incompatibilità tra cariche di partito e cariche istituzionali, cioè tra rappresentati e rappresentanti, sarebbe forse in grado di restaurare la distinzione e, con essa, il rapporto di rappresentanza e di responsabilità dei secondi rispetto ai primi, e così di restituire i partiti, quali organi della società anziché dello Stato, al loro ruolo costituzionale di strumenti della partecipazione dei cittadini alla vita politica.Le prossime elezioni del Parlamento europeo offrono tuttavia alle forze disgregate della sinistra un’occasione irripetibile per mettere in atto questo principio e, insieme, una prospettiva di superamento delle loro attuali divisioni. Non si tratta di concordare alleanze, o coalizioni o fusioni di gruppo dirigenti. Si tratta più semplicemente ma ben più efficacemente, di costruire una lista unica della sinistra, “Per la democrazia”, dalla quale restino esclusi i dirigenti dei partiti, che pure sono invitati a promuoverla insieme al più ampio arco di forze e movimenti della società civile. Una simile lista varrebbe a dare voce e rappresentanza ad un’ampia fascia di elettori – non meno del 10% dell’elettorato – che non si riconoscono nel Partito democratico e neppure nei tanti frammenti alla sua sinistra, dalle cui rivalità interne e dalle cui competizioni e rivendicazioni identitarie risulterebbe tuttavia al riparo. E, soprattutto, essa varrebbe – in un momento come l’attuale, di pericolosa deriva populista, razzista, autoritaria e anticostituzionale del nostro sistema politico – a riaffermare, nel nostro paese, l’esistenza di una forza democratica e di sinistra, intransigente nella difesa della Costituzione e dei suoi valori di uguaglianza, di libertà e di solidarietà.

inviare le adesioni a


perleeuropee@gmail.com

martedì 24 febbraio 2009

EFERCAL: UN SILENZIO TROPPO RUMOROSO


sembra non trovare soluzione la questione efercal. anche oggi la vicenda viene riportata sui giornali, ma con una novità: l'intervento della provincia che intima l'amministrazione comunale ad esprimersi. infatti il sindaco da mesi tace, eludendo le scadenze normative e fuoriuscendo dai termini di legge. la proprietà ha intrapreso col comune un percorso che dura ormai da tre anni, durante il quale a causa di richieste contraddittorie, incoerenti e peggiorative da parte dell'ufficio tecnico e delle commissioni consiliari, ha presentato 5/6 versioni del progetto di riqualificazione. l'ultima elaborazione, scrupolosamente redatta, in conformità col PRG, prevede una drastica riduzione del 20% del volume edificabile e soluzioni tipologicamente ed architettonicamente avanzate ed è insabbiata da agosto sui tavoli dell'ufficio tecnico.
l'azienda ha espresso esplicitamente la volontà di vendere l'area per reinsediarsi sul territorio, ricollocandosi sul mercato ridimensionata e rinnovata, salvaguardando produzione e posti di lavoro (attualmente sono 42 i dipendenti).
a fronte delle decine di varianti ai sensi della LR 23/97 (per la stragrande maggioranza dei casi) in favore di speculazioni massacranti, inutili e brutte, pare incomprensibile ritardare il trasferimento di un'azienda in crisi e l'acquisizione di aree e standard che risolverebbero molti dei problemi del centro storico.
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Il settore tessile, da anni in crisi in tutta la nostra provincia (basti ricordare la chiusura della Marzotto di Manerbio) ha perso moltissimi posti di lavoro a Calcinato: dal cotonificio di Ponte San Marco all'ex filatoio Bulgari, fino alla piccola media impresa. Già Carlo Cattaneo (che dovrebbe essere caro ai leghisti) ricordava nei suoi studi sulla Lombardia che a Calcinato erano presenti storicamente importanti industrie seriche e tessili, (dati ricordati anche negli studi di Simoni o della Fondazione Micheletti di Brescia). Un settore a questo punto destnato a scomparire, viste le difficoltà poste dal Comune.

§

La nostra preoccupazione è duplice: in primis sosteniamo i lavoratori impegnati nella difesa dei loro posti di lavoro; in secondo luogo siamo preoccupati della gestione del territorio e dell'attuazione del diritto d'uso dei suoli. Ormai è tardi per esprimersi sulla bontà o meno delle scelte urbanistiche del PRG; ma i diritti acquisiti sono e devono rimanere tali. se la legge viene manipolata o ritardata a seconda dei casi vengono meno le regole minime della convivenza democratica.
fa specie l'interessamento della provincia, appunto, che diffida il sindaco.

lunedì 23 febbraio 2009

CAPIRE LA CRISI PER CAMBIARE LA SOCIETA'


i compagni del gruppo libertario spartaco in collaborazione con sinistra critica organizzano per mercoledì 25 febbraio un convegno

Capire la crisi per cambiare la società

al quale interverranno fra gli altri l’economista Ilario Salucci e lo studioso Sauro Di Giovambattista.

è la sinistra radicale ad interrogarsi sulle ragioni della crisi, non soffermandosi sui titoli altisonanti che parlano di borse newyorkesi o crack finanziari, ma ragionando sul rischio di una crisi sociale generalizzata. Il calo produttivo e commerciale, oltre a farsi sentire sul territorio int ermini di perdita del posto di lavoro, diviene scusa per tagliare salari e diritti dei lavoratori, per continuare a distruggere l’ambiente e per ottenere aiuti di Stato pagati da tutti noi. "Per molti faticare ad arrivare a fine mese non è una novità, qualcun altro pensa sia un’occasione da sfruttare per azzerare le ultime garanzie sociali. L’unica cosa certa è che della crisi ne capiamo poco (o niente) ma che la sua fine è solo una speranza se non si cambiano le politiche che l’hanno provocata. Capire da dove viene la crisi forse può servire per conquistare un mondo più giusto e più libero”.


L’appuntamento di mercoledì è alle ore 20.45 alla Sala civica Morelli in Piazza della Repubblica a Calcinato.

venerdì 20 febbraio 2009

giovedì 19 febbraio 2009

LA DISTRUZIONE DEL PATRIMONIO /1 [della castrazione meccanica]

da tempo pensiamo ad uno studio strutturato del patrimonio storico artistico, della memoria collettiva, della storia del lavoro e della cultura materiale. nel solco delle teorie di fernand braudel e dell'idea riegliana del kunstwollen collettivo, riteniamo che ogni frammento delle trasformazioni che l'uomo ha operato sul suo territorio abbia dignità di testimonianza. talvolta si presentano delle emergenze in questo tessuto fitto, denso di significato e valore. e su di queste voleva posarsi la nostra attenzione.
ma negli ultimi anni ci troviamo coinvolti in una situazione di rincorsa continua. sotto i nostri occhi vengono demoliti e cancellati numerose permanenze, capisaldi di quella che è la struttura e l'assetto morfologico del nostro paese; questo
a partire dalla folle scelta di demolire la Filanda, nei primi settanta, destrutturando il rapporto tra l'abitato e i suoi rapporti con l'orografia e lo schema delle acque superficiali (dando tra l'altro il là per un uso stupido e speculativo de suolo), fino ai fatti recenti delgi ultimi 2/3 anni.
perdere questi pezzi di patrimonio non significa solo distruggere fisicamente degli edifici, dei luoghi, degli spazi, delle memorie; diviene metafora di un atteggiamento culturale (se così possiamo definirlo) facilemnte traslabile a tutti i campi e settori.
incentrati su una cultura di retroguardia, che incapace di confrontarsi con la contemporaneità rifugge nella simulazione di linguaggi passatistici, reazionari, dal gusto strapaesano di tafuriana memoria, i nostri amministratori mortificano le discipline e le qualità della modernità, impossibilitate ad esprimersi, non solo attraverso le forme che le sono proprie, ma anche nei loro strumenti e metodi analitici, propedeutici ad una trasformazione (consapevole) in un'ottica gadameriana.
nel frattempo non sanno riconoscere il patrimonio enorme lasciatoci dai nostri antenati, dalle produzioni materiali, fino ai nomi assegnati ai luoghi.tutto questo viene velocemente distrutto; e non certo per lasciare spazio a qualcosa di migliore; nè tantomeno di progettuale, contemporaneo .
Nella fotografia sopra riportiamo la ciminiera della fornace Marcoli di Ponte San Marco, costruita del 1906 da una delle più importanti famiglie dell'imprenditoria laterizia del del nord italia. Resistita a 2 guerre mondiali, a terremoti, alla costruzione dell'autostrada e scampata al tracciato TAV TAC, è stata mozzata due anni fa senza alcun motivo.
Memoria della fatica e del lavoro, orgoglio della tecnica, componente fondamentale dello skyline del paese, la possiamo ammirare oggi monca, dimezzata, castrata. senza scomodare deleuze, ruskin o i teorici della conservazione, semplicemnte prendiamo atto, impotenti (l'autorizzazione non venne presentata in nessun organo ufficiale) della distruzione della nostra storia.

mercoledì 18 febbraio 2009

UNA ROSA ROSSA PER MARIA BIANCHI




“Una rosa rossa per Maria Bianchi” è la proposta lanciata a Calcinato dal gruppo Linea indipendente per ricordare il decennale della scomparsa della “sindachessa”, morta il 23 febbraio 1999. Il movimento della sinistra radicale invita i cittadini a portare un fiore al cimitero del capoluogo, sulla tomba che ricorda questa figura di primo piano del socialismo libertario.

FRANA IL MONTE



Continua ad arrancare l'Ufficio Tecnico Comunale; a più di una settimana di distanza dalla frana di via Monte (che ha costretto lo sgombero di alcuni edifici) non ha ancora provveduto alla caratterizzazione dei suoli ed alla stabilizzazione del versante per la messa in sicurezza (o a darne incarico). L'atteggiamento di attesa sta caratterizzando da parecchio tempo l'attività di questo ambito dell'amministrazione (la gestione del Piano di Governo del Territorio, che avrebbe dovuto essere approvato entro il dicembre scorso, ne è la testimonianza più importante); ma tergiversare sulle emergenze riteniamo dimostri insicurezza ed incapacità. Nel frattempo, anche noi rimaniamo in attesa.

martedì 17 febbraio 2009

IL CINEMA CROLLA, IL COMUNE DORME


A dicembre è crollato il solaio del palco del cinema/teatro Marconi. Propio in concomitanza con i lavori di riqualificazione del piazzale antistante. Sono ormai passati due mesi, ma l'Ufficio Tecnico Comunale e l'amministrazione restano immobili. L'unica struttura culturale del paese continua a rimanere inagibile, in uno stato di deterioramento che non può che portare ad un degrado ulteriore.
Nel frattempo si è fatta piazza pulita degli alberi che adornavano la piazza antistante, trasformata in parcheggio di periferia; intervento scellerato ed incolto, col quale si è persa l'ennesima occasione di migliorare la qualità urbana. Evidentemente Calcinato preferisce differenziarsi da tutti i comuni (non solo limitrofi, ma di tutta Europa) che ricercano nelle loro politiche la sistemazione degli spazi pubblici e una buona gestione delle strutture di proprietà.

domenica 15 febbraio 2009

LA SINDACHESSA DEMOCRATICA SOCIALISTA LIBERTARIA

Dieci anni fa moriva la Sindachessa Maria Bianchi


Martedì 23 febbraio 1999 moriva in ospedale a Brescia Maria Bianchi, figura di primo piano del socialismo libertario, dopo lunghi anni di infermità per un ictus che l’aveva colpita nel 1989.
Ricordandone la grande personalità, additiamo il cristallino esempio tracciato dal suo itinerario esistenziale a tutte le donne e agli uomini di Calcinato.
Maria Bianchi era nata a Brescia nel 1906. Figlia del noto agronomo Antonio Bianchi, fu una delle prime donne a laurearsi in economia e commercio alla Bocconi di Milano alla fine degli anni ’20. Nel periodo fascista il padre fu inviato dal regime al confino in Sardegna e lei stessa fu perseguitata e discriminata professionalmente per le idee politiche proprie e per quelle del marito Guido Buttazzoni, anche lui agronomo, e del fratello Costante, uno dei dirigenti del Psi clandestino. Dal 1943 la Bianchi prese parte attiva nella Resistenza, dando rifugio ai partigiani delle Squadre di azione partigiana nella sua casa milanese. Nella primavera del 1945 collaborò con il Comitato di liberazione nazionale a preparare l’insurrezione.
Il 25 aprile 1945 la trova a Calcinato, paese d’origine della sua famiglia. Nel dopoguerra fu una delle prime donne italiane ad essere eletta sindaco: ricoprì la carica due volte, dal 1948 al 1951 e dal 1956 al 1960. Negli anni della ricostruzione contribuì in modo determinante a riorganizzare la vita della nostra comunità, rivitalizzando il ruolo della Casa di riposo, fondando la Scuola materna di Ponte San Marco, istituendo la Scuola di avviamento professionale, ricostituendo la locale Cassa rurale e artigiana, rilanciando l’agricoltura attraverso le Mostre agrarie e zootecniche. Apprezzata dai compagni e rispettata dagli avversari, a Calcinato è stata per tutti la sindachessa.
Negli anni ’60 entra nel Psiup, formazione per la quale si candida per la Camera dei deputati nel 1972. Dal 1970 al 1978 è di nuovo in consiglio comunale come indipendente nelle file del Pci.
Maria Bianchi è il simbolo dell’antifascismo calcinatese, una donna che lavorò alacremente per l’autodeterminazione femminile, un’intellettuale che seppe sempre mantenere viva nel suo itinerario la capacità di dialogo con le giovani generazioni. Dopo il 1977 il suo pensiero (di formazione luxemburghiana) si avvicinò ai movimenti giovanili della sinistra rivoluzionaria, che seguiva con passione in paese ed ospitava in estate nella sua casa di villeggiatura a Palena in Abruzzo.
Di lei resterà sempre viva la passione per una politica dalla parte della povera gente e per lo sviluppo economico e culturale del nostro Comune.

martedì 10 febbraio 2009

ASSEMBLEA PUBBLICA PER UNA CALCINATO DEMOCRATICA, SOCIALISTA E LIBERTARIA



Le idee vere e giuste che restano sulla carta
hanno lo stesso triste destino del sale che
resta nella saliera: diventano insipide.
(Ignazio Silone)



Care/i compagne/i,

in vista delle elezioni comunali del 6 e 7 giugno 2009
riteniamo doveroso unire i diversi gruppi e anime della sinistra calcinatese – dai socialisti ai comunisti, dagli spartachisti a linea indipendente, dai cattolici progressisti ai diessini non confluiti nel Pd - con l’obiettivo di costruire a Calcinato un’ampia, autorevole e determinata coalizione da presentare al giudizio delle elettrici e degli elettori.
Per discuterne invitiamo, Voi e altre/i che vorrete coinvolgere, ad aderire e partecipare alla pubblica assemblea in programma

martedì 17 febbraio 2009 alle ore 20.30

al Centro Civico di Piazza Sandro Pertini a Calcinatello


per definire insieme quali saranno:
1. i compiti della sinistra per il futuro dei nostro Comune;
2. le/i compagne/i incaricate/i di guidare la nostra presenza elettorale;
3. le priorità programmatiche da portare negli eventuali incontripre-elettorali;
4. le proposte per le iniziative pubbliche della campagna elettorale.

PENSILINE SULLA STATALE 11


A distanza di tre anni dacché furono sottoposte all' attenzione del Sindaco del Comune di Calcinato esplicite richieste per sollecitare l' installazione di pensiline, destinate a riparare gli utenti (tra cui numerosi studenti e lavoratori) dell' autolinea SAIA sulla tratta Brescia-Verona, alla fermata lungo la ex Strada Statale11 in prossimità dell’azienda Gandola, conclusasi la realizzazione della rotatoria limitrofa e stabilite le percentuali di competenze operative al riguardo, grazie ad un' ulteriore mobilitazione da parte di alcuni cittadini calcinatesi, le suddette pensiline sono ormai usufruibili dagli utenti dall'inizio dell'anno scolastico 2008-2009.